Sono passati circa una quindicina d’anni da quando l’avocado è stato introdotto per la prima volta nei menu italiani, complici i tentativi di qualche ristorante milanese impegnato a provare la via dei brunch e delle colazioni salate. È stato subito amore a primo assaggio: complici anche la sua presenza nella cucina messicana, questo frutto anomalo è diventato via via sempre più amato e presente nella Penisola.
Cambiamento climatico o di gusto?
Alcuni attribuiscono il suo successo non solo al gusto cremoso che ben si inserisce in una enorme varietà di piatti, da quelli vegani agli hamburger, ma al cambiamento climatico che ha facilitato la sua coltivazione in luoghi dove un tempo non avrebbe potuto crescere.
È successo per esempio in Sicilia e in Calabria, dove in qualche caso è preferito alle tradizionali coltivazioni di agrumi. Gli imprenditori respingono gli addebiti e invece ringraziano un albero che a loro dire ha impedito la progressiva desertificazione di certi territori e che permette un consumo più etico: meno inquinamento per il trasporto, meno abbattimento di alberi per intensificare la produzione (succede in Messico e in Cile, per esempio, per far fronte alla richiesta). E il palato ringrazia.
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